Monicelli, il ‘Maestro’, e una piccola me

Quando Mario Monicelli mi chiamò per dirmi che si era innamorato dei miei libri, della mia scrittura, del bel ritmo dei miei romanzi… avevo il colore sui capelli e una specie di turbante in testa – meno male che nessuno poteva vedermi – risposi distrattamente alla telefonata e a sentire il suo nome mi emozionai così profondamente da non riuscire a parlare – dentro di me covai anche qualche dubbio inizialmente, temevo uno scherzo. Monicelli, al mio silenzio, mi rimproverò affettuosamente: “Ma Sara, se ne sta zitta. Sappia che ogni settimana mi arrivano camion pieni di libri, almeno trecento e anche di più,  non mi interessano, non mi piacciono, e non chiamo mai nessuno. Invece eccomi qui a parlare con lei per farle i miei complimenti sinceri; dovrebbe essere felice, credo”. Oh, lo ero eccome – intanto il colore colava dai capelli sulle spalle, sugli abiti – ma ero troppo eccitata e imbranata, mi uscivano solo poche parole disordinate. Alla fine della telefonata lo ringraziai a lungo. Ma qualche giorno dopo quella mia quasi muta presenza alla cornetta, e dopo le rare e timide parole di gratitudine che gli avevo dedicato, decisi di scrivergli una lettera per ringraziarlo ancora, per raccontargli meglio la mia grande emozione nel sentirlo parlare con me del mio lavoro. Monicelli mi chiamò di nuovo. Ancora una volta fu per me un bellissimo stupore sentire la sua bella voce, e il Maestro, oltre che essermi grato per la mia lettera, mi confidò che gli sarebbe piaciuto realizzare un film con uno dei miei libri, ma era molto vecchio, ed era difficile oramai per lui praticare l’arte della regia, faticosa per i carrelli e gli arnesi da spostare, per i movimenti da compiere alla regia.

Ripenso spesso a questo bellissimo contatto, con gioia.

Ripenso a lui con grande ammirazione rivedendo i suoi film.

I vestiti di quel giorno, i jeans e una bella maglietta, li ho indossati ancora dopo averne fatto dei tie-dye.

Ancora un pensiero all’indimenticabile ‘Maestro’ Monicelli.

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